Come riposta il post di Deborah Bates su business2community.com non esiste una cifra sempre giusta (one-size-fits-all) per calcolare quando un’azienda debba spendere in contenuti per: sito, social, mailing e altre attività promozionali. Questa cifra varia molto in base al fatturato, le attività dei concorrenti ecc. Secondo i dati riportati dall’articolo nel Regno Unito le aziende spendono il 2% del loro fatturato in contenuti. Che se possono essere discrete cifre per grandi aziende risultano inefficaci o poco incisive sui risultati se il fatturato è più modesto.
C’è un minimo di contenuti perché abbia senso investirci?
Decisamente si, a mio avviso non si può scrivere in un anno 4 articoli per il blog e un post a settimana su Facebook, Google + e Twitter. Se l’azienda non ha il budget per farlo fare esternamente può formare personale interno, già impiegato per altre mansioni. Cercando tra quelli disponibili a destinare parte della giornata lavorativa alla creazione di contenuti e alla content curation.
Personalmente ho visto dei disastri in tal senso, impiegate che tengono la contabilità a cui è stato imposto di fare post per il blog e stagisti annoiati sfruttati allo scopo. Vi lascio immaginare quanta energia creativa ed entusiasmo accompagnasse questo genere di attività.
Se l’azienda non ha le risorse e impiegati predisposti mentalmente per cimentarsi nell’impresa e meglio che lasci perdere, ci sono altri modi per ottenere risultati simili; ad esempio attraverso campagne di ADV associate a landing page.
Il content marketing prevede minori costi se fatto a lungo termine e richiede una necessaria costanza e impegno.
Questi sono alcuni elementi chiave perché funzionino e abbiano la possibilità di emergere nel “rumore” di fondo del web:
1. Strategia sui contenuti
- Analizzare le tendenze del settore
- Implementare l’authorship sul sito, sia come autori che come editore
- Esaminare il contenuto dei vostri concorrenti
- Verifica dei contenuti del tuo sito e cancellarli e riscriverli se non adatti
- Valutare le prestazioni del vostro contenuto esistente
- Aprire solo i canali sociali strettamente necessari e in cui si decida di impegnarsi quotidianamente
- Raduna idee per argomenti e tipi di contenuti che permetteranno di rafforzare la brand awareness, il traffico, l’impegno e incoraggiare le conversioni
2. Produci contenuti…
- Seducenti, preziosi e rilevanti per il pubblico
- Del tono giusto e in una scrittura facile da digerire
- Ottimizzati per Google, e che tengano conto delle regole fondamentali
- Equilibrato tra riferimenti alla marca e notizie utili
- Progettato per indirizzare il cliente verso l’acquisto e la fiducia verso l’azienda
3. Distribuire il contenuto e il conseguente impegno
- Spingere il contenuto tramite i canali sociali, con un linguaggio giusto e umano
- Identificare leader di settore da coinvolgere per migliorare la visibilità dei contenuti
- Rispondere a qualsiasi domanda rapidamente e in modo da creare relazioni durature
- Coltiva contatti generati da contenuti
Investire in content marketing, oltre che un investimento economico è un investimento in impegno. Anche se lo farete fare esternamente, nessuno conosce più di voli la vostra azienda e non è possibile demandare tutta la comunicazione ad un’agenzia esterna.
Continuo la mia battaglia privata #adottaunblogger lanciata qualche giorno fa, perché per gestire contenuti e conversazioni sul web bisogna esserci portati e avere una precedente esperienza che abbia portato risultati efficaci.
Parole sante Riccardo!
Tuttavia è importante avere la garanzia della “qualità” (chiamiamo così l’insieme di capacità, competenze, professionalità, serietà, esperienza) del blogger/copy.
Il peggio del peggio, almeno per le esperienze che mi sono capitate, è stato incontrare blogger/copywriter/content manager che si spacciano per tali e non avere la benché minima idea dell’abc del blogging … figuriamoci delle dinamiche e psicologia della rete.
Poi gli ABM che amano sostituirsi ai blogger sono il non plus ultra della follia, ma questo è un altro discorso.
#adottaunblogger