L’economia dell’attenzione non è nata con internet, eppure è solo nell’epoca più recente che ha sviluppato il suo massimo potenziale. Da sempre i media scambiano i contenuti con l’attenzione, rivendendola poi agli inserzionisti. Ma i social hanno portato questo fenomeno a un livello dirompente, trasformando ogni nostro momento libero in un’occasione per chiuderci dentro una gabbia di informazioni irrilevanti.

Piattaforme come Instagram, TikTok e YouTube sono state progettate per tenerci agganciati: autoplay, notifiche, swipe infiniti. Tutto è stato ideato per stimolare senza tregua il nostro cervello. Non è semplice intrattenimento: è progettazione comportamentale. Il nostro tempo diventa il loro prodotto, la nostra attenzione la loro valuta di scambio.

Paghiamo un prezzo troppo alto

In primo luogo, il tempo: ore e ore ogni giorno che non investiamo in lettura, relazioni o riflessione. Anche la qualità dell’attenzione ne risente: l’alternanza continua tra compiti, notifiche e distrazioni online erode la capacità di concentrarsi profondamente. Il cosiddetto “residuo di attenzione” ci lascia con la mente sempre altrove, anche quando dovremmo essere presenti.

Poi c’è la salute mentale. L’uso intenso dei social è legato a stati d’ansia, isolamento e depressione sempre più diffusi. Ci confrontiamo di continuo con versioni filtrate delle vite altrui, alimentando un senso di inadeguatezza. In più, ogni interazione è potenzialmente monetizzata: i nostri dati vengono raccolti, analizzati e rivenduti per prevedere (e manipolare) i nostri comportamenti.

Anche i creatori – e non solo gli utenti – sono vittime del sistema. Per “funzionare” nell’economia dell’attenzione, infatti, i contenuti devono essere brevi, virali, sensazionalistici. Titoli clickbait, opinioni polarizzanti e semplificazioni eccessive oscurano l’approfondimento. La qualità cede il passo alla visibilità a qualsiasi costo.

È un circolo vizioso. Le piattaforme ottimizzano per l’engagement. Gli utenti si adeguano. I creatori le provano tutte per emergere, e così il sistema si autoalimenta. Il risultato è un ecosistema informativo rumoroso, reattivo, parziale, costruito per suscitare emozioni forti – spesso rabbia, paura o indignazione. Non perché siamo più arrabbiati, ma perché l’indignazione è un ottimo catalizzatore di attenzione.

“In passato, la censura operava bloccando il flusso di informazioni. Nel XXI secolo la censura opera inondando la gente di informazioni irrilevanti. Noi proprio non sappiamo a che cosa prestare attenzione, e spesso spendiamo il nostro tempo a indagare e a discutere su questioni marginali.” – Yuval Noah Harari, Homo Deus

Per me e per te è il momento di fare un wipe

Quando un sistema informatico si corrompe a causa dell’eccessiva mole di file inutili, della ridondanza del database o di un upgrade, è necessario eseguire un wipe: una pulizia che riporti il software a condizioni iniziali per farlo ripartire alleggerito e più performante.

Anche a noi occorre un wipe, ossia una nuova consapevolezza. Le piattaforme non sono neutre né amichevoli, e i contenuti che consumiamo (e produciamo) sono plasmati da incentivi economici precisi. Solo riconoscendo tutto ciò possiamo iniziare a invertire la rotta.

La nostra attenzione ha un valore. Se continuiamo a distribuirla senza criterio, sarà sempre qualcun altro a decidere cosa merita di emergere. Sta a noi scegliere se restare utenti passivi o pretendere un sistema che funzioni a nostro vantaggio.

“Nei tempi antichi deteneva il potere chi aveva accesso alle informazioni. Oggi avere potere significa sapere cosa ignorare.” – Yuval Noah Harari, Homo Deus

Per questo ho iniziato da qualche tempo a non scorrere più i feed, ma a cercare le informazioni alla fonte: libri, blog, podcast, newsletter, YouTube (in mezzo al rumore c’è gente straordinaria) e anche alcuni selezionatissimi account social di persone che sanno il fatto loro.

Dobbiamo metterci a dieta: da adesso in poi non devono essere i contenuti a cercarci, ma noi a cercare loro. Dobbiamo riprendere in mano la nostra cultura, la nostra sanità mentale e la relazione con tutte quelle persone che ci arricchiscono realmente. Se non lo faremo, cederemo gran parte del nostro futuro ai mercanti dell’attenzione.