Ieri sera su messenger una persona mi ha chiesto perché i miei contenuti sono di 400/500 parole in media. Ora, sappiamo tutti che, secondo le leggende metropolitane, un testo per aumentare le probabilità di posizionarsi su Google deve essere di 2.000 e oltre caratteri. Da qualche anno il mio sogno è quello di distinguermi con un format preciso, in cui il lettore riconosca il mio stile e mi distingua dagli altri blogger.
Quando nel 2012 ho creato questo blog il mio mestiere principale era quello di grafico/programmatore e pensavo sarebbe stato utile alla mia azienda appena nata. Rudy Bandiera, il mio socio, aveva già un blog in cui era riuscito a crearsi un seguito e ho tentato di emularlo. Il salto non è stato semplice, perché negli anni precedenti avevo aperto e chiuso un blog diverse volte.
All’inizio non è stato facile. Un nuovo blog di marketing in un mercato che ne contava già molti. Se avessi letto la Mucca Viola di Seth Godin prima di partire, probabilmente non l’avrei mai aperto. La logica vuole che, se il mercato è saturo, si debba ricercare una nicchia in cui essere riconoscibili e avere meno concorrenza affermata. È stata una lotta che ho combattuto testardamente. Gli inizi sono stati deludenti. Per otto mesi ho avuto una media di 30 visite giornaliere, ma questa si è rivelata una buona cosa, perché i miei post non avevano una loro personalità e ottenere pubblico con contenuti deboli significa bruciarsi.
Con l’aumentare del seguito e di qualche affezionato lettore che condivideva i miei post la scalata è stata continua e costante. In quel periodo, ho imparato molto sui contenuti che il pubblico gradisce, ho compreso che la composizione di un buon titolo è fondamentale e che la relazione con chi commenta e segue lo è altrettanto. Ho capito che si ottengono più condivisioni parlando di qualcosa di cui nessuno sta scrivendo in quel momento. Ho scoperto che se arriva il nuovo pulsante di Facebook e già altri due blogger ne hanno scritto un post, se lo avessi fatto anche io non avrei avuto nessuna considerazione. Ho capito che se scrivo in modo semplice e divulgativo i colleghi diranno che scrivo banalità, ma il pubblico da cui arrivano le richieste di preventivo lo gradisce: è questo è il mio naturale target non il concorrente.
Dopo quattro anni di questa attività, il punto di arrivo è stato la pubblicazione di due libri (un terzo è in arrivo), la partecipazione a significativi eventi e l’opportunità di lavorare con prestigiosi clienti. Grazie a questa inaspettata visibilità sono cresciuto molto e ho imparato tanto e tanto ho ancora da imparare su nuovi tipi di contenuti in cui ora mi sento come quatto anni fa mi sentivo dopo due post dell’appena nato blog. Il mio re-dream è appena iniziato e dove mi porterà lo scoprirò solo tra qualche anno.


Il post che avete letto sopra (450 parole circa) rappresenta il mio format classico, nulla di originale. Un inizio in cui racconto un sogno, esprimo una necessità o metto in evidenza un’opportunità che sviluppo attraverso la narrazione di un percorso (o un percorso di narrazione) e giungo ad un finale in cui dico la mia sull’argomento. Credo sia il più grande classico dello storytelling che replico spesso, post dopo post, da due/tre anni, uno sviluppo che mi ha sempre convinto e in cui il lettore ha dei riferimenti che può agevolmente seguire.

storytelling