Molti si interrogano su cosa scrivere o cosa raccontare in un video. I contenuti, per chi non ha ancora maturato esperienza, generano due tipi di difficoltà. La prima è facilmente colmabile con l’apprendimento della grammatica, la tecnica e le regole della scrittura. La seconda è più complessa e prevede un consistente atto creativo: in sintesi, comprendere il pubblico raccontando una storia che lo renda interessato e attento fino alla conclusione.

Ormai è noto che abbiamo a che fare con un pubblico annoiato, sottoposto a mille stimoli e soggetto a distrazioni di ogni tipo. Qualsiasi contenuto tu intenda realizzare, deve prevedere una curva di crescita dell’interesse senza soluzione di continuità. Una battaglia per l’attenzione che si combatte riga per riga o secondo dopo secondo, se si tratta di un podcast oppure di un video.
Si parte dal titolo, passando per il sommario, l’introduzione, lo svolgimento e la chiusura, senza che ci siano ridondanze, incertezze o inutili voli pindarici. Una storia che sa distinguersi è composta da un incessante ritmo narrativo, stupore e appagamento intellettuale in chi ne fruisce.
Ma questa è la tecnica che abbiamo imparato dai manuali di scrittura. Raramente questi testi ci raccontano perché le persone si trattengono su un contenuto.

La narrazione è l’arte di accompagnare il prossimo attraverso un viaggio che hai organizzato tu. Come ogni buon agente di viaggio hai organizzato tutto il percorso in modo da non affaticare, ma stimolare, divertire e far crescere chi lo percorre. Quindi far sentire bene e rendere attraente il viaggio che hai immaginato per i tuoi immaginari clienti.
Forse hai intuito dove voglio arrivare: il “segreto” dello storytelling è smettere di essere tu il protagonista del racconto e rendere protagonista chi lo percorre. Puoi raccontare anche cose che sono accadute a te, ma inserendo una forte componente di dialogo, agganciandoti all’esperienza di chi sta leggendo. Ad esempio, le persone sono interessate alle storie di successo personale, tuttavia le apprezzano se contengono qualcosa con cui identificarsi: battute di arresto, delusioni o difficoltà. Perché chi ti presta attenzione lo fa sperando di imparare, emozionarsi o partecipare; in pratica lo fa per se stesso, non per rendere te un autore di successo.

In teoria, raccontare una buona storia è concettualmente semplice, anche se difficile da realizzare. Devi creare un racconto che renda le persone migliori, sviluppi un senso di appartenenza o stimoli l’immaginazione, rendendo felice chi paga con il suo prezioso tempo la tua narrazione.

Tu cosa ci guadagni?
Dopo aver speso tante energie per ideare e costruire un meraviglioso viaggio per il tuo amato pubblico a te cosa rimane?
A te rimane il bene più prezioso: aver fatto comprendere chi sei, la tua capacità, umiltà o il tuo talento a chi ha apprezzato il tuo racconto. Le persone si dimenticano di chi gli ha fornito una singola informazione, ma non di chi le ha fatte sognare, emozionare o pensare.

L’obiettivo dei grandi marketer non è vendere qualcosa, ma creare un significato attorno al prodotto.
Anche se sembriamo esseri razionali, guidati dal prezzo, dalle caratteristiche o da freddi dati, finiamo per acquistare da chi ci ha fatto sentire bene, da chi ci ha trasportato in un mondo diverso, da chi ci stimola o da chi sentiamo essere simile a noi.
La tua narrazione crea un significato. Le persone acquistano e si fidano dei modelli a cui sentono di appartenere. Tu sei il promemoria di chi sono o di chi vorrebbero essere.