Abbiamo osservato in questi anni che il Re, ovvero il “contenuto”, è caduto decisamente in disgrazia, soffre di un male sempre più incurabile: la mancanza di rilevanza dovuta al rumore o il “content shock” (profetizzato da Mark Schaefer fin dal 2014).

Le persone non hanno tempo di guardare un video di tre minuti se non l’hanno cercato loro, ma neppure un testo lungo e articolato. Soprattutto è diventato sempre più complesso posizionarsi nelle ricerche, poiché quotidiani, “influencer” o la concorrenza di freddi traduttori automatici continuano ad incrementare esponenzialmente l’offerta di contenuti quotidiani.

Ci sono più contenuti che fruitori.

Facebook ci aveva avvertito qualche anno fa: “Il futuro del coinvolgimento della community è la connessione, non il contenuto: sono le persone, non i post.” Per poi rimanere schiacciato anch’esso dal successo di community più coinvolgenti come TikTok.

I problemi con i contenuti non si fermano qua. Anche quando riusciamo a ritagliarci un limitato pubblico che ci dedica – la sempre più rara – attenzione e che nutre fiducia nei nostri confronti, non è affatto detto che questo sia disposto ad acquistare i nostri prodotti/servizi.

Lo racconta bene Gianluca Diegoli nella sua newsletter

“L’umano digitale è spietato, sembra che l’abbiamo ammaliato con il content di Instagram, poi ci tradisce con il concorrente low cost. Va con il primo che capita. E ci lamentiamo quando quello non siamo noi, ovviamente. (…) Ma come? Ti abbiamo istruito, fatto divertire, fatto commuovere, fatto piangere, il tuo engagement era altissimo, e poi ci lasci così senza nemmeno un clic sul retargeting? Nemmeno una sveltina sul carrello abbandonato?
Non esiste nel content marketing la gratitudine del cliente, come non esiste la fiducia come la intendiamo tra persone, come non esiste la fedeltà (come la intendiamo tra persone)”.

Beninteso, “l’umano digitale” ci è profondamente grato per i contenuti, tuttavia questi non saranno l’unica variabile su cui baserà la sua scelta. L’opportunità – la sua opportunità – sarà l’unico metro di giudizio nell’acquisto.

“Prova tu stesso. Quale percentuale dei prodotti che hai acquistato la scorsa settimana è stato generato perché ti senti attratto dallo “scopo” o dal “perché” dell’azienda? Probabilmente zero.
È tempo di uscire da questa bolla da guru.
Le persone non conoscono o non si preoccupano del tuo perché. Di solito si preoccupano solo del LORO PERCHÉ” 

Mark Schaefer

Quando comunichi verso il tuo pubblico comincia dai perché, prima dai loro, poi dai tuoi. Il cerchio d’oro di Simon Sinek funziona se i loro perché si allineano perfettamente con i tuoi.