Ho individuato tre grandi categorie di persone che si stanno accingendo a crearsi una strategia di comunicazione digitale con scopo professionale.
La prima è formata dai “brillanti rigorosi”, quelli che hanno un curriculum, un percorso di studi immacolato e verticale su un argomento specifico, tanto da reputarsi (ed essere reputati) l’elite di un determinata materia.
La seconda è quella dei “mediocri attenti”, figure che dispongono solo di competenze trasversali, essendosi sempre interessati di tutto senza puntare ossessivamente su un argomento o su una determinata attività.
I terzi sono i “lenti a reagire”. Sono la maggioranza, li vedo ai corsi e nelle mail che mi arrivano quotidianamente: sono quelli che non sapendo fare a caricare una foto nel profilo LinkedIn ritengono che la cosa più veloce sia chiederlo per mail, piuttosto che fare una ricerca su Google. (Avrei individuato anche una quarta categoria dei “brillanti efficaci”, ma sono talmente rari che non li ho considerati nel ragionamento).

Nella prima categoria dei “brillanti rigorosi” vedo spesso commettere errori macroscopici di comunicazione personale, giustificati dalla poca propensione a comunicare cose che il mondo, secondo la loro visione, dovrebbe già conoscere, ovvero la loro grande competenza. Pagano la verticalità nella loro materia con la pessima comprensione dell’importanza narrativa: è noto come l’ossessività verso un determinato argomento riduca ad un ruolo secondario tutto il resto.

Nella seconda categoria dei “mediocri attenti” troviamo i professionisti che stanno ottenendo i migliori risultati comunicativi. Forti delle molteplici competenze di medio livello nel loro settore aggiungono competenze trasversali come l’utilizzo efficace dei mezzi digitali, grafica/fotografia, lo scrivere, empatia, narrazione e così via. Risultano più efficaci in due ambiti: la comunicazione e la visione strategica globale. 
Se ai primi, i “brillanti rigorosi”, affideremo senza indugio lo sviluppo di un determinato tema, è ai secondi che dovremo chiedere come comportarci a livello strategico, avendo questi una visione d’insieme e doti di flessibilità e interessi molteplici. Spesso questi ultimi ottengono maggiori risultati lavorativi, perché sanno raccontare meglio dei primi la loro competenza, facendo imbestialire In molti casi i “brillanti rigorosi” che si reputano migliori. (per approfondire, la nota blogger Michela Calculli ha scritto il post: Una vita da mediano, perché no?)

Nella terza categoria dei “lenti a reagire” trovo le persone più diverse, dall’universitario al commerciale ai moltissimi imprenditori. Hanno due problemi che impediscono loro di riuscire a fare il salto che li collocherebbe nelle prime categorie: il principale è che temono le tecnologie digitali e vedono un mondo pieno di pericoli che li immobilizza, il secondo è che, pur comprendendo le opportunità, non riescono ad entrare in sintonia con l’evoluzione e rimanere al passo. Non è raro trovare nelle aule di marketing digitale allievi che dicono di non aver mai aperto FacebookTwitter, anzi di ritenerli perdite di tempo. La passione verso la materia è debole e si avverte che lo stanno facendo perché lo devono fare, perché qualcuno ha detto loro che venderanno più prodotti o perché ora le aziende cercano personale in questi ambiti.
Mentre le prime due categorie dei “brillanti rigorosi” e dei “mediocri attenti” sono ben inserite e hanno una loro consolidata capacità comunicativa, i “lenti a reagire” hanno molte difficoltà nello sfruttare le tecnologie digitali a loro beneficio.

Nel 2015 vediamo che il divario tra utilizzare bene le leve della comunicazione digitale fa davvero la differenza tra chi avrà un futuro lavorativo concreto, sia esso da professionista o da dipendente, e chi non riesce a stare al passo con un’evoluzione travolgente. Non posso fare a meno di rilevare che in questo momento storico la cosa migliore, se non si dispone di elevate conoscenze su un determinato argomento, è coltivare una serie di competenze trasversali e alla fine rendersi fluidi in un mercato del lavoro che cerca personale eclettico e che sappia essere versatile e ricettivo verso ogni cambiamento. 
“Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”. In questa trasformazione epocale che stiamo vivendo, le parole di Charles Darwin assumono un significato attuale e profetico.