Ammetto di non essere qualificato o aver compiuto studi di psicologia, quindi questo post parla di me, di come vivo o di come ho vissuto alcuni momenti della mia vita. Non vuole essere un trattato scientifico o di insegnamento per qualcuno. Potrebbe essere utile a chi – come me – si è trovato nella stessa situazione, per contrastare un malessere e sentirsi meno solo.

Ho combattuto l’insoddisfazione personale per anni e ancora fa capolino di tanto in tanto, ma con il passare del tempo ho imparato a gestirla attraverso la consapevolezza rispetto alla sua origine e una semplice tecnica che espongo.

Insoddisfazione personale: di che pasta è fatta?

Probabilmente l’insoddisfazione è il risultato di una combinazione di comportamenti, schemi di pensiero e adattamenti in rari casi addirittura imputabili ad uno squilibrio biochimico nel proprio cervello. Tuttavia le persone frustrate e insoddisfatte hanno spesso alla base un’origine comune. Ho osservato che l’insoddisfazione non si basa su ciò che possediamo, sulla posizione che occupiamo o sulle possibilità che abbiamo. Ho visto persone che avevano tutto essere afflitte e altre soddisfatte a dispetto delle difficoltà. Quindi mi è venuto da pensare che la soddisfazione non consista in un fattore esterno, ma che risieda in una determinata componente della nostra mente.
Quante volte ho immaginato che possedere un oggetto, arrivare a un traguardo o accedere ad una particolare possibilità mi avrebbe donato il tanto ricercato appagamento. Per scoprire, alla fine, che ottenuto l’obiettivo che mi ero posto, dopo una breve soddisfazione iniziale, tutto tornava esattamente come prima.

La logica conseguenza: il potere della progettualità

L’insoddisfazione genera un malessere terribile. Si ha costantemente il dubbio di aver incontrato le persone sbagliate, accettato una condizione svantaggiosa, che la sfortuna ci perseguiti o che sia in atto una congiura contro di noi. Oppure che ci venga negata un’opportunità e che gli altri abbiano accesso a un’informazione che faccia la differenza e che noi non conosciamo.
Ho notato che l’insoddisfazione ha un collegamento molto stretto con l’aspettativa e la difficoltà nell’ottenere un risultato. Nel percorso verso l’obiettivo, mentre si lavora per ottenerlo, l’insoddisfazione a me non si presenta. Si presenta una volta ottenuto, vedendo che la mia vita non è cambiata e che ho lavorato troppo di immaginazione su ciò che mi avrebbe consentito di ottenere. Quindi da alcuni anni passo da un percorso a un altro, consapevole che il vero appagamento sta nel lavoro e nella progettazione. Enzo Ferrari ha detto che “la miglior Ferrari che sia mai stata costruita è la prossima”. Probabilmente al problema dell’insoddisfazione ha reagito esattamente come ho istintivamente fatto anche io.

La soddisfazione, esattamente come la felicità, la riconosciamo perché siamo passati prima per lo stato opposto. In un cervello sano sono stati complementari, altrimenti non sapremmo distinguerli e riconoscerli.
Non posso stare ad aspettare qualcosa che potrebbe non accadere mai. Quindi, nel mio caso, la soddisfazione l’ho trovata e la attenuo attraverso il percorso per arrivarci e la progettualità.