Internet oggi è un recinto. Siamo intrappolati in un gigantesco parco a tema costruito dai colossi della tecnologia: Google, Facebook, Amazon, Apple e Microsoft. Hanno suddiviso il web in luccicanti attrazioni per il grande pubblico, ognuna delle quali è una cella comoda, facile e divertente (per chi ama il genere).

La terra promessa, quella frontiera digitale in cui chiunque poteva costruire il prossimo grande progetto imprenditoriale, è praticamente un mito a cui non crede più nessuno. Ora ci muoviamo tra piattaforme regolate da modelli matematici, in cui le nostre scelte sono incanalate attraverso filtri di opportunità e la nostra creatività confinata in schemi predefiniti. Abbiamo barattato la libertà con la comodità, l’esplorazione con la facilità d’uso e l’informazione con la sterile polemica.

Sono un anziano utilizzatore di queste tecnologie, ma non un nostalgico. Non prendermi per uno di quelli che dicono: “Si stava meglio prima”. Rilevo però che siamo al centro di una lotta di potere e, mentre scorriamo feed sanificati dai filtri e clicchiamo su ciò che conferma le nostre idee, una manciata di aziende sta silenziosamente trasformando una rete di utenti nella propria rete di fedelissimi brand ambassador.

Il loro potere si basa sul farci credere che otterremo un vantaggio per noi, la nostra azienda o i nostri servizi: un’illusione venduta globalmente da ‘esperti’ di marketing che hanno scelto una strada comoda anziché una verità complessa.
Abbiamo confuso l’attenzione con l’impatto. Abbiamo costruito un intero settore intorno alla misurazione delle metriche sbagliate. Tracciamo i like invece di cercare la risonanza. Contiamo le impressioni invece delle ‘impressioni fatte’. Ottimizziamo per gli algoritmi quando dovremmo ottimizzare per gli esseri umani.

Cosa possiamo fare io e te che stai leggendo questo blog?
Non abbiamo il potere di cambiare le cose, ma abbiamo il dovere di comprenderle. Oggi, per questi colossi, le aziende sono un bancomat a cui vendere visibilità. Per me e per te, l’unica operazione che ha senso è coinvolgere chi ci apprezza e si sente allineato con la nostra visione e il nostro stile.

Imparare a comunicare in un mondo veloce, governato dal ‘Sistema 1’ (vedi Daniel Kahneman), richiede una competenza diversa, tarata sull’obiettivo, sul pubblico e sui propri limiti energetici e valoriali.

Le aziende – considerando l’evoluzione di Internet – dovrebbero riflettere sull’opportunità di assecondare questa trasformazione. Oggi, il maggiore impatto online passa quasi esclusivamente dai profili personali.
Sì, esatto: potrebbero valorizzare i loro dipendenti, quelli che si sentono parte di un organismo, non solo di un organigramma. Ma anche i loro clienti, venditori e fornitori, o persino figure esterne all’azienda che ne condividano entusiasmo e valori.

È tramontata l’illusione che un’azienda possa trasformarsi in una ‘media company’. L’unica strada per la rilevanza oggi è puntare sul valore delle persone.