Siamo individui che vivono in società. Abbiamo l’esigenza di distinguerci, senza rischiare di uscire dal gruppo sociale a cui vorremmo appartenere. Vogliamo mostrare le differenze per renderci meglio identificabili, tuttavia nel farlo, per rimanere nel gruppo, non possiamo esagerare altrimenti rischieremmo di esserne estromessi. Avvicinarsi troppo al punto di rottura aumenta il rischio di essere additati come quelli estranei all’etica, alla professionalità o alle consuetudini del gruppo. Al contrario, essere troppo aderenti ai dogmi della categoria a cui vogliamo appartenere, ci rende comuni e invisibili.

Di un medico apprezziamo le diversità, se ha dei tatuaggi o se visita i bambini vestito da clown. Ma non lo apprezzeremo se dirà che i farmaci sono veleno o che gli altri medici fanno parte di un piano segreto per ammalarci e venderci le cure. Sono le piccole diversità ad avvicinarci, non le prese di distanza dal settore o dal gruppo professionale.

Se vuoi emergere dall’ordinario, per ottenerne maggiore esposizione e visibilità, devi inserire elementi di distinzione, che ti caratterizzino e marchino le differenze con il resto dell’offerta, pur rimanendo riconoscibile e aderente al tuo gruppo professionale.
Non si tratta di indossare una maschera, ma di evidenziare i tratti della tua competenza, affidabilità e umanità. A parità di costo/prestazioni le persone ti sceglieranno per i tratti distintivi, i valori etici che li uniscono a te, il carattere che vi accomuna e lo stile apprezzato dalle persone di cui vuoi ottenere attenzione.

I segni d’identità marcano le idee, quello che ci accomuna e le differenze. Il nostro desiderio più grande è essere confermati come individui che fanno parte ed emergono dal gruppo. Per farlo dobbiamo diventare “mucche viola”, ma non troppo, perché il rischio di non essere più riconosciuti come membri del settore a cui apparteniamo ci potrebbe escludere come referenti. Forse è meglio essere mucche lilla o color lavanda. Diversi ma simili.