Vedendo alcuni “comunicatori efficaci”, ovvero colleghi, amici e persone collegate ai miei account rimango dubbioso in riferimento a come si espongono nelle piattaforme di condivisione sociale. Non parlo di esposizioni in profili Facebook chiusi o comunicazioni private rivolte solo ai legami forti, ma della loro capacità di creare una comunicazione estremamente efficace, rivolta a migliaia di persone che, non conoscendo il soggetto, maturano percezioni non proprio lusinghiere nei confronti del divulgatore poco attento.

“Non c’è nulla di così inutile nel fare in modo efficiente ciò che non dovrebbe essere fatto affatto”

Peter F. Drucker

Tutti noi, mentre guardiamo le esternazioni di un qualsiasi soggetto, maturiamo convinzioni che riteniamo reali, ma che di fatto sono inconsapevoli e non dipendono da un ragionamento su chi ha creato il “contenuto”.
Chi utilizza canali aperti per mostrarsi e comunicare, non dovrebbe farlo senza aver prima ragionato su ciò che le grandi aziende chiamano la “governance del Brand”, ovvero il tentativo di gestire ciò che gli altri possono pensare di te nell’atto, spesso istintivo, di comprendere chi sei e se darti fiducia. In pratica, il rischio è di essere estremamente efficace in una comunicazione che persuade gli altri a non rivolgersi a te.

Attraverso i dati comunichi efficacemente facendoti male

Perché questo accade?
Sembra incredibile, ma alla base delle comunicazioni della maggioranza delle persone c’è un ragionamento, solo all’apparenza, corretto, attraverso il quale si misurano i risultati della comunicazione e si analizzano solo i dati che emergono.

  • Quali dati emergono? Like, commenti, condivisioni e visualizzazioni.
  • Quali dati non emergono? La valutazioni personali di chi recepisce il contenuto.

La conseguenza è che chiunque è portato a pensare che più si registrano “segnali di apprezzamento”, più la comunicazione è corretta. In termini di efficacia, la risposta è giusta, ma la domanda è sbagliata.
In realtà c’è una metrica più complessa da calcolare che consiste nelle percezioni che sedimentano in chi ti vede e che giocano un ruolo fondamentale nel momento in cui ti prenderanno in considerazione per qualcosa in cui vorresti accreditarti.

Concludo sempre con Peter F. Drucker che diceva che “la cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto” e aggiungo che è altrettanto importante valutare e misurare ciò che il pubblico esterna poco o manifesta in maniera poco appariscente.
La reale efficacia si misura proprio su questo.