Alla mia mail e attraverso i mille canali privati di comunicazione, mi arrivano messaggi di tutti i tipi, alcuni dei quali stupiscono e fanno veramente pensare. Un paio di giorni fa ho ricevuto una lunga mail su LinkedIn di un ottimo collega che mi ha fatto capire che alcune dinamiche di valorizzazione professionale non siano state comprese ancora a pieno.
Luca mi scrive questo:

lavoroda Ottobre ho smesso di lavorare per un’azienda dove mi occupavo di Web Marketing e da allora sono alla ricerca di una nuova opportunità. Le possibilità son state davvero poche in realtà. Sì, colloqui se ne fanno, complimenti se ne ricevono anche (tanto son gratis), ma poi da qualche mese si è fermato tutto…” e continua, “quale sarà il futuro del marketer? Sarà un ‘Figaro’ aziendale? Diverrà il factotum che ricopre 2 o 3 ruoli differenti? (…) mi hanno proposto posizioni in cui si offrono 400/700 euro al mese per fare marketing, copywriting, SEO, social media e curare i contenuti multimediali.E’ normale tutto questo? E’ normale questa continua rincorsa a cercare una figura che racchiuda tutto lo scibile umano?”

Credo che il problema per le piccole agenzie, sia che, per rimanere sul mercato in maniera competitiva, devono abbassare le loro pretese nei preventivi fatti alle piccole aziende e questo le costringe a ricercare professionisti di medio/basso livello a cui corrispondere un compenso in linea con gli appalti ricevuti. Le piccole aziende, anch’esse costrette a misurare gli sforzi economici nella promozione, non credono ancora pienamente nella comunicazione digitale e vorrebbero metterci piede spendendo poco; ma soprattutto non sanno valutare e distinguere un professionista capace da uno improvvisato. Nel dubbio ritengono che per “cazzeggiare” su Facebook il compenso, per quanto basso, sia fin troppo alto.

Gli errori non li commettono solo coloro che si occupano di selezione del personale, le agenzie e le aziende. L’errore lo commette anche chi cerca lavoro. Curare la propria immagine online, far percepire il proprio valore e saper comunicare fa la differenza tra un professionista bravo e un professionista ugualmente bravo ma che non sa comunicarlo. Se per un lavoro che nulla ha a che vedere con la comunicazione e il marketing, non essere in grado di “comunicarsi” è un errore perdonabile, parlando di un operatore della comunicazione il paragone è con il calzolaio che passeggia con le scarpe rotte: chi si fiderà di un professionista della comunicazione che per primo non si cura della propria?