In questi ultimi tempi, sempre più persone mi stanno scrivendo la stessa cosa:
“I miei contenuti non funzionano più come prima.”
“Le campagne non portano risultati.”
“Gli annunci funzionano sempre meno, anche quelli che sono sempre andati alla grande.”
All’inizio, lo ammetto, ho pensato alle solite spiegazioni: l’arrivo del disimpegno dovuto al momento del maggiore impegno lavorativo, le persone meno presenti online, l’algoritmo che si muove. Tutto plausibile. Tutto già visto. Ma poi ci ho riflettuto e ho ascoltato meglio.
Non era un caso isolato. Era ovunque, visto che anche colleghi che operano in settori diversi, consulenti, agenzie, liberi professionisti mi dicevano la stessa cosa:
“Il mercato è piatto.”
“La gente non compra.”
“Sembra che nessuno stia interessato.”
E a un certo punto mi è stato chiaro: siamo entrati, ancora una volta, in quella fase ciclica in cui la tensione economica e politica impatta sul comportamento delle persone. Ho visto accadere la stessa cosa nel 2001, nel 2008, nel 2020.
Ogni volta che l’incertezza sale, il pubblico si chiude a riccio.
La gente non smette di sognare. Ma inizia a proteggersi. A selezionare. A risparmiare attenzione prima ancora che denaro.
E in queste fasi, ogni volta, la leva che ha riattivato il sistema non è stata l’urgenza forzata, gli sconti o promozioni urlate.
È stata la rilevanza.
Quando il pubblico si chiude, molti cercano di sfondare la porta. Promettere di più, alzare i toni, raddoppiare le pubblicazioni.
Ma quello che serve, in realtà, è bussare con delicatezza e dire: “Ti vedo. So cosa stai vivendo. E non sei solo.”
Molti contenuti falliscono non perché sono scritti male, ma perché parlano a un pubblico che ora non c’è più. Parlano alle persone di sei mesi fa, non a quelle di oggi.
Le leve della persuasione hanno maggiori possibilità quando ci sono attenzione, disponibilità, stabilità.
Ma se chi legge è stanco, attendista, preoccupato, non vuole essere convinto e sta alla larga da chi spinge, insiste, urla.
Le persone vogliono sentirsi comprese. E la comprensione passa dalla rilevanza.
Non basta dire: “Ultimi tre posti per il mio corso su come dominare lo stress.”
È più utile dire: “Lo so che ieri notte non hai dormito perché la testa continuava a frullare. E non era solo per il lavoro.”
Rilevanza significa parlare del momento. Del contesto. Del peso reale e quotidiano delle cose.
È una forma di rispetto. È il gesto di chi si sintonizza con ciò che sta accadendo davvero, nella testa e nella vita delle persone.
E no, non significa cavalcare ogni trend. Significa ascoltare. Osservare.
E poi scrivere, parlare, comunicare quello che turba le persone.
Quando i tuoi contenuti sono rilevanti, non forzano una decisione: la accompagnano.
Essere rilevanti vuol dire spostarsi dalla tecnica alla relazione.
Dal “vendere” al “capire”.
Dal “parlare di te” al “parlare a loro”.
E in tempi come questi, dove tutto sembra fragile, è proprio lì che nasce la fiducia.

In questo periodo i social somigliano a certi stadi violenti.
I media continuano a mostrarci solo devastazioni e rabbia, finché tutto si confonde.
Le voci lucide si contano sulle dita di una mano.
Il 99% urla. L’1% cerca una via diversa.
Forse la chiave sta proprio lì: attraversare questa porta stretta e riprendere il lume della ragione.
Ahh lo spero anche io, Giuseppe!