Non ho mai sentito parlare così tanto di meritocrazia come dal momento in cui è scoppiato il caso #unamacchinaperrudy. Sono molte le alzate di scudi che inneggiano ad un web etico e che manifestano la delusione per la scomparsa del web di una volta, in cui onore e professionalità erano gli unici parametri che lo regolavano. Ne parla l’amico Daniele Chieffi in questo ottimo post: “Un brusco risveglio digitale con la macchina di Rudy“, ne parla Osvaldo Danzi in questo divertente siparietto autolesionista su “Followers come Polli d’allevamento” e ne ha parlato Futura Pagano dicendo che: “il web è o dovrebbe essere un luogo meritocratico, orizzontale, democratico“; utopia delusa e compromessa irreparabilmente per colpa dei pochi utenti di serie A che si sono creati una situazione che li favorisce. Ne hanno parlato anche molti altri, con toni simili e con i quali  mi scuso per non averli citati.
Chi pensa al web come ad un giardino fiorito, mi dispiace deluderlo, ma è fuori dal mondo. Il web, specialmente ora che ha conosciuto la popolarità all’interno di una buona fetta della popolazione italiana, è regolato dalle stesse logiche che governano la società offline, dove un famoso calciatore guadagna da solo come l’intera nazionale di atletica leggera, uno stupido musicista pop guadagna come l’intera Orchestra della Scala e un conduttore televisivo vende 10 volte più libri del filosofo premio Nobel.

Questo perché accade?

Accade perché è il mercato ad auto regolarsi. Non siamo in una dittatura che impone modelli e comportamenti e gli esseri umani si regolano prendendo, autonomamente, le proprie decisioni.
Philip Kotler sostiene, e lo condivido, che

Il marketing consiste nell’individuazione e nel soddisfacimento dei bisogni umani e sociali

qualsiasi essi siano. Ecco spiegato perché il primo violino della Chamber non guadagni come Justin Bieber o perché un professore universitario non venda tanti libri quanti Fabio Volo. I primi hanno scelto di andare CONTRO IL MERCATO, i secondi VERSO IL MERCATO; è ingiusto, non etico e non meritocratico? Le regole del gioco di una società liberista impongono che sia il mercato a scegliere in maniera del tutto autonoma.
La vicenda di Rudy/Smart ricorda un classico della mitologia greca, in cui Paride il più bello dei mortali, fu incaricato da Zeus, il padre degli dei, di scegliere quale dea, Era, Atena o Afrodite, fosse la più bella attraverso la consegna di una mela d’oro, astutamente messa in campo dalla dea della discordia. La Mercedes Smart ha consegnato la mela a Rudy, compiendo un gesto che ha generato forti malumori in coloro che hanno interpretato questa manovra come un’investitura.
rudyA mele ferme e dopo che gli animi si sono placati, possiamo tornare alla realtà fatta di numeri e di risultati oggettivamente desumibili: 4242 è il numero di utenti  che ne ha parlato con un reach degno di una puntata di prima serata in cui uno spot costa 30.000 euro. Questo è accaduto, perché la abilità del protagonista di crearsi una community da un lato e quella dei detrattori di alzare il polverone dall’altro, hanno sostenuto una conversazione in cui l’associazione (casuale): ‘merito = Smart’ è andata a sedimentarsi in una larga fetta di mercato futuro.
Il web oggi è molto diverso dal ‘ritrovo di nerd’ di 10 anni fa; ora la massa degli utenti è tale che, chi ha la capacità di bucare lo schermo ed entrare in empatia con la propria community, vince e ottiene visibilità e propagazione del messaggio. Come afferma Giorgio Soffiato: “Rudy Bandiera piaccia o meno, è un medium. E da media Smart ha trattato il caso“.
 Il web moderno, come teorizzato anche in Cluetrain Manifesto, è basato sulle conversazioni e sulle persone. Alcuni utenti, blogger o influencer (chiamateli come volete), hanno compreso la trasformazione e generato molto seguito diventando essi stessi dei media. Ho recentemente dimostrato a eMetrics come alcuni personaggi della rete riescano, da soli, a generare più conversazioni che li riguardano rispetto a famosi marchi industriali. Questo perché il web attuale è basato sulle persone.
A quelli che pontificano sulla meritocrazia dico che la meritocrazia sta nell’individuare un mercato e successivamente nell’essere in grado di soddisfarlo; rimango perplesso nei confronti dei colleghi che, evidentemente, non hanno misurato tale portata e mi chiedo: state facendo marketing o una rappresentazione digitale della favola “la volpe e l’uva“?