La comunicazione ha molta affinità con l’arte, poiché, come questa, si basa su elementi estetici, abilità e accorgimenti tecnici capaci di tradursi in emozioni e messaggi incisivi. Tuttavia dall’arte dovrebbe acquisire solo il lato espressivo, perché l’obiettivo della comunicazione rivolta al marketing si discosta parecchio dai presupposti delle opere artistiche.
Il Marketing Scientifico è stato ideato al MIT di Boston nei primi anni 2000. Questa corrente sostiene che il marketing debba essere sorretto dai dati, non dall’arte, poiché nulla è più instabile o improbabile da replicare di un successo artistico. Cosa a cui la “scienza” del marketing non vuole né aspirare né assumersene i rischi. Kevin Clancy, autore di riferimento della disciplina, afferma:

“E come molte tele o commedie non hanno nessuna qualità, e così come molti film prodotti non sono belli, lo stesso vale per molti piani di marketing. Quindi abbiamo bisogno di fare qualcosa di differente. Noi non rifiutiamo l’uso dell’intuizione, del giudizio, della creatività, dell’esperienza, ma riteniamo necessario un loro bilanciamento con una rigorosa analisi di dati indiscutibili. Le decisioni istintive non hanno successo per varie ragioni, una delle quali è che in ogni circostanza ci sono centinaia, migliaia, decine di migliaia di scelte alternative possibili. Ed estrarre dal cilindro la decisione basata sull’intuizione che porti al successo, da un punto di vista statistico, è altamente improbabile”

Ipotesi affascinante a cui mi sono avvicinato nelle ultimi mesi, stimolato dallo strumento ideato da Francesco Sordi, docente allo IUSVE e consulente di Marketing, che porta il nome di “Surf the Market” e che mi ha generosamente fatto provare.
In pratica, alla base di questa corrente di pensiero c’è l’assunzione della consapevolezza che per ottenere maggiori clienti, attenzione e opportunità si debba puntare sul fattore che ci distingue dalla concorrenza migliorando gli aspetti che il mercato apprezza o attenuando le nostre mancanze, siano esse reali o percepite.
Per fare questo dovremmo partire da tre momenti di indagine:

  1. Il primo genera un sondaggio interno ed esterno all’organizzazione capace di individuare i fattori rilevanti nel nostro pubblico di riferimento.
  2. Con il secondo si chiede a questo pubblico una valutazione di come si è percepiti efficaci e rilevanti rispetto a questi fattori. (per le grandi organizzazioni è opportuno eseguirne anche uno interno per confrontarlo con quello pubblico)
  3. Attraverso la terzo step si chiede al pubblico cosa ne pensa della concorrenza. È indispensabile comprendere come sono posizionati singolarmente i concorrenti rispetto a noi e ai bisogni espressi dal pubblico.

Ottenuti questi dati si dovrà ordinare, dai più rilevanti ai meno rilevanti, sull’asse delle ascisse, i fattori maggiormente graditi dal pubblico e su quella delle ordinate la valutazione che è stata data a noi, ai nostri prodotti o alla nostra organizzazione.

Attraverso l’analisi dei dati si otterranno i seguenti risultati e il relativo grafico:

  • Fattore X, ovvero quello su cui dobbiamo puntare per emergere dal mercato e su cui basare la nostra Unique Selling Proposition. Una caratteristica nostra che non è appannaggio della concorrenza che il grafico deve evidenziare in modo chiaro.
  • Fattore PR, in cui la nostra azienda dimostra di essere migliore o uguale alla concorrenza. E’ una variabile apprezzata, che pur essendo meno significativa per il nostro mercato, può essere utilizzata nelle “pubbliche relazioni” per spostare consenso e apprezzamento sul nostro operato.
  • Fattore R&D (ricerca e sviluppo), un elemento che il pubblico esige ma rispetto al quale siamo poco efficaci. Tra le tante cose su cui possiamo lavorare o spendere energie è meglio partire da questo imprescindibile fattore.

Questa misurazione, se fatta correttamente, ha lo scopo di indirizzare la comunicazione e la costruzione dei prodotti e servizi che offriamo al mercato. Andrebbe eseguita con una certa continuità per verificare le mutazioni e se le energie e gli investimenti fatti ottengono o meno i risultati attesi, oppure se il mercato apprezza il nostro impegno. Vista la complessità della disciplina (di cui sono ancora un umile studente), se sei interessato, ti invito ad approfondire questo innovativo metodo attraverso i libri di Kevin Clancy e Peter Krieg. Questo post ha l’obiettivo di raccontare il principio generale di un’attività molto complessa che andrebbe studiata a dovere.
Se vuoi rimanere ancora con me qualche minuto ti racconto il mio piccolo esperimento di Marketing Scientifico realizzato in queste ore.

Come sono percepito dai miei lettori e cosa vogliono

Ho inviato ad un pubblico selezionato tra chi maggiormente mi apprezza, ovvero agli iscritti al mio canale Telegram e alla newsletter, un link generato con Surf the Market con cui partecipare al sondaggio. Lo hanno compilato interamente 157 persone, un numero sufficiente per ottenere un risultato su cui ragionare.

marketing scientifico

Anticipo subito che, data la selezione per me vantaggiosa degli intervistati e i quesiti un po’ generici, reputo i risultati ottenuti un esperimento iniziale che richiederebbe nuove indagini, tuttavia contiene qualche indicazione interessante.

Cosa apprezzano di un comunicatore i miei lettori?
Al primo posto i “contenuti interessanti”, un’esigenza generica, che non significa molto, e sulla quale avrei potuto scommettere facilmente. Il secondo risultato invece è inaspettato: “autorevolezza dell’autore”. In pratica sono disposti ad ascoltare un blogger o un comunicatore in base alla sua autorevolezza percepita. Mi aspettavo fosse importante ma non così determinante. Seguono, “visione e strategia”, “approfondimento”, “facilità di lettura”, “risposte ai commenti”, “risultati che ha ottenuto” e “motivazione”.

Come sono posizionato in questa classifica dei bisogni?
Consapevole del fatto che questo risultato è “benevolo” per via del pubblico molto favorevole, coloro che hanno risposto mettono al primo posto la mia “autorevolezza” che, di fatto, è il principale Fattore X. Al secondo posto c’è la “facilità di lettura”, elemento non presente nella prima metà della classifica dei bisogni e che immaginavo fosse più rilevante per il pubblico. Un parametro importante sul quale devo riflettere è che chi ha risposto all’indagine ha messo in evidenza che i miei contenuti non brillano per approfondimento.

Chiude la classifica dei bisogni e la mia minore efficacia in questa variabile la “motivazione”. Dai risultati che rilevo pubblicando sia pur raramente contenuti motivazionali avevo immaginato un esito opposto. Sono quelli più apprezzati, condivisi e commentati, quindi, o non mi sono spiegato io, oppure le persone hanno una repulsione per la parola “motivazione”, ma ne sono profondamente attratti.
Il software si può regolare per ottenere anche dati personali (anonimi) di chi lo compila per poterlo confrontare con i risultati. Si possono, ad esempio, verificare tra pubblico maschile e femminile le differenze di percezioni e di bisogni.
Lascio la parola a Francesco Sordi, il maggiore esponente del Marketing Scientifico in Italia, per un veloce commento ai risultati:

“Riprendo alcune espressioni che tu stesso hai usato qualche riga fa: “Il secondo risultato è stato inaspettato”, “Mi aspettavo fosse importante ma non così determinante”, “Elemento […] che immaginavo essere più rilevante per il pubblico”, “Avevo immaginato completamente l’opposto”.
È l’esperienza comune dei miei clienti quando vedono dati inconfutabili raccolti ed elaborati: crollano tutti i “secondo me”, “io pensavo che”, etc.
Agiamo per consuetudini, per intuito, per buonsenso e per questo ci esponiamo ad un grande rischio. Quando i dati si trasformano in conoscenza tutte le nostre azioni diventano più mirate, focalizzate e consapevoli. Questo è ciò che più mi appassiona e gratifica: generare cambiamenti positivi. Sono contento che Surf the Market ti abbia aiutato ad avere un nuovo punto di vista col quale scrivere i tuoi prossimi post, che come sempre non mi perderò!”