La cura del proprio Personal Branding è sempre più di un requisito per chi cerca di far crescere il proprio business, ottenere un buon lavoro o fare carriera all’interno di un’organizzazione. L’obiettivo di questa attività è posizionarvi, nella percezione di un pubblico a cui vi rivolgete, come un valido interlocutore. Per fare questo servono un’immagine adeguata e dei contenuti. Il problema con i contenuti è che tutti fanno contenuti!

Il problema dei contenuti

In molti mi dicono di essere frustrati dal basso impatto o dalla poca efficacia dei contenuti prodotti. Il problema con i contenuti è che molte persone presenti in rete o sui social network ne producono una enorme quantità, anche se non in ottica di Personal Branding e generano un “rumore” difficilmente scalfibile attraverso noiosi post professionali.

Come indicava già nel 1971 l’economista Herbert A. Simon:

“In un mondo ricco di informazione la ricchezza dell’informazione corrisponde alla morte di qualcos’altro: la scarsità di tutte quelle cose che vengono consumate dall’informazione. Ciò che viene consumato dall’informazione è abbastanza ovvio: l’attenzione dei suoi riceventi. Quindi una ricchezza di informazione genera una povertà di attenzione e il bisogno di allocare l’attenzione in maniera efficiente tra la sovrabbondanza di sorgenti di informazione che potrebbero consumarla.”

Prima di Internet pochi avevano accesso a media in cui pubblicare i propri contenuti. Quello era un mondo più semplice, se si era proprietari del medium o si avevano abbastanza risorse per farsi pubblicare. Con l’avvento delle moderne tecnologie di comunicazione digitali ognuno ha diritto alla sua fetta di spazio e di pubblico, che va ad erodere l’attenzione generale generando un calo di attenzione sia sui media tradizionali che alle persone impegnate nel generare contenuti a scopro professionale.

Come disse Andy Grove, il CEO di Intel recentemente scomparso,

“Quando un cambiamento nel modo di gestire una certa parte del proprio business assume un ordine di grandezza maggiore di ciò a cui quel business è abituato, non c’è più nulla di sicuro. C’è un vento, c’è un tifone, si alzano le onde e poi arriva uno tsunami. Una trasformazione alla decima potenza.”

Lo tsunami dell’informazione è arrivato e l’unico modo di cavalcarlo senza farsi inghiottire si chiama “relazioni”.

Le relazioni sostengono i contenuti

Il contenuto abbandonato a se stesso non verrà fruito da nessuno. In tempi recenti, si poteva sperare di posizionarlo nelle ricerche, ma sarà sempre più difficile ottenere quel tipo di risultato. Se ci basiamo sugli strumenti che tutti utilizzano in prevalenza, ovvero i social newtwork, per poter ottenere la tanto ricercata attenzione dovremo curare (oltre che i contenuti) le relazioni. Le relazioni sostengono i contenuti.

Chi ci segue, si avvicina a noi e ai nostri contenuti grazie alla nostra capacità di relazione. Accade quindi che, spesso, chi ci condivide lo faccia per simpatia, per ricambiare uno stesso favore o perché ci percepisce avvicinabili. Diversamente da noi, le celebrità hanno una capacità di ottenere l’attenzione a cui noi non possiamo ambire, almeno agli inizi. Queste star della TV o della rete hanno ottenuto sul loro nome la percezione di autorevolezza e la riconoscibilità che noi dobbiamo conquistare persona dopo persona, entrando in relazione con i lettori fino a riconoscerli quasi per nome. Questo modo di avvicinare le persone, nel tempo, crea una diffusione organica dei nostri contenuti, grazie alla condivisione di chi ha compreso il nostro valore e quello che gli articoli e i video che produciamo riescono a dare.

Contenuti e relazioni, sono i due fattori che, passo dopo passo, creano un solido Personal Branding in grado di farci fare il salto di qualità professionale.

Lo dimostra il recente articolo del magazine finanziario entrepreneur.com, “Ciò che i potenziali datori di lavoro vogliono sapere su di te non è sul tuo curriculum”:

“A Gadget Flow (azienda che vende prodotti di lusso), l’interazione umana è tutto. Così, quando cercano qualcuno da assumere, verificano i candidati on-line per vedere come essi siano attivi sui social media e quanto siano in grado di interagire con il loro pubblico. ‘Assumere persone appassionate che siano attive su Snapchat, Instagram o Twitter è un enorme vantaggio‘, ha detto Evan Varsamis, l’amministratore delegato.”