Ogni volta che qualcuno scrive di Personal Branding, mail, YouTube, social media, Telegram o influencer marketing (la lista è ancora lunga, ma mi fermo qui), c’è sempre quello che commenta che non serve a nulla, che è tutta “fuffa” e che nessuna di queste cose è utile per generare nuovi clienti. Se pubblichi un contenuto divulgativo, arriva quello che dice che è banale e che hai scoperto l’acqua calda oppure che l’informazione non è completa e avresti dovuto scrivere un trattato. Se arrivano gli “esperti” sei spacciato. Questi, qualsiasi cosa tu abbia fatto, l’hanno fatta 5 anni prima e con il triplo dei risultati. Se racconti poco di quello che ti succede dicono che sei in declino, se divulghi un successo lavorativo sei un egocentrico e vanaglorioso markettaro.
Poi ci sono quelli che la SEO è morta, Google Plus non è mai nato, il blog è morto, the content is dead e che è tutta una bolla pronta a esplodere.
Insomma il web, da qualsiasi punto si guardi, è pieno di mancati commissari tecnici della nazionale, esperti di qualcosa (che non fanno di mestiere) e intenditori.

La critica aiuta l’engagement

Personalmente, non ho mai bannato chi mi attacca, tranne in qualche caso veramente estremo. Qualche anno fa ci rimasi male di fronte ad una forte critica e mi interrogai sul da farsi e come sarebbe stato meglio reagire. Ora ho le idee chiarissime al riguardo. Chi critica va, almeno inizialmente, alimentato. Per due motivi. Per prima cosa gli algoritmi di visibilità premiano la quantità di interazione e la velocità di risposta. Se questi pensano di darmi un piccolo problema, in verità mi alimentano il punteggio di visibilità organica aiutandomi a rendere il contenuto visibile. In secondo luogo un post che sia riuscito a ottenere una conversazione animata genera altri commenti, condivisioni e mi aiuta a spiegarmi meglio, nel caso non fossi riuscito a raccontare bene quello che volevo dire. Aggiungo che dalle critiche è capitato che siano nate ottime amicizie dalle quali ho tratto grandi insegnamenti. A volte chi critica ne sa più di te. Succede anche questo.

La critica serve a chi critica?

Non sono uno che critica facilmente. Da sempre mi chiedo: se critico e dimostro di saperne più di quello che ha scritto la corbelleria, cosa ottengo oltre a farmi un nemico? Perdo tempo ed energie a dimostrare la mia tesi in una discussione, ma cosa mi torna in tasca? Trovo nuovi clienti? Oppure passo per un rompiscatole saccente?

Direi che la risposta a tutte queste domande risulti ovvia. Credo di poter affermare che la critica serva di più, da un punto di vista psicologico, a chi la esercita che a chi la riceve. La critica calma la frustrazione di non aver saputo realizzare qualcosa o di non averci creduto fino in fondo. La critica è un balsamo che allevia le ferite scoperte che gli altri mettono in luce.