Ci sono aziende che subiscono il fattore “moda” dispensato dalle nuove tecnologie. In alcuni casi, i vertici aziendali si fanno influenzare da un articolo o dall’opinion leader di turno e prendono decisioni affrettate nel tentativo di anticipare il mercato o di imboccare una nuova strada che faccia loro incrementare le vendite. Classica, tra queste scelte avventate, è la creazione di una app per la loro attività. Decisione che andrebbe valutata attentamente in base alla tipologia di prodotto e di servizio che si voglia tradurre in applicazione.

Nei mesi scorsi ho avuto a che fare con una azienda che ha creato un catalogo di prodotti e, delusa dal fatto che pochissimi l’avessero scaricata, si chiedeva il perché del mancato successo dell’operazione.

Le applicazioni sono gadget aggiuntivi che l’utente decide di installare sul suo smartphone, quindi è necessario che sia motivato a farlo e veda un percepibile beneficio nel compiere un’operazione che prevede l’occupazione di una parte del suo dispositivo. Installare un app è un’operazione simile all’iscrizione alla newsletter o all’abbonamento ad un servizio web. Una cosa che viene fatta con sempre meno leggerezza.

Il costo utente

Una delle cose che mi diverte quando incontro imprenditori che vogliono promuovere la loro app è parlare di costi. In questo modo difficilmente (se l’azienda è medio/piccola) prendo il lavoro, ma meglio essere chiari prima di perdere tempo.
Il costo utente è determinato da una moltitudine di fattori in cui l’utilità (o l’intrattenimento) è determinante. Se hanno realizzato un catalogo con i loro divani in vendita, i potenziali utenti saranno quelli che hanno fiducia e apprezzano l’azienda. Attraverso la funzionalità “catalogo” diventa complesso ottenere nuovi clienti. L’applicazione, in questo caso, è un servizio aggiuntivo offerto alla clientela già consolidata. Diverso il discorso qualora la app consenta una gamification o produca stimoli che vadano oltre la mera esposizione della merce. Inutile dire che app di questo tipo sono molto costose e richiedono una certa abilità creativa, oltre che tecnica.

Concludo sempre con il raccontare quanto Mark Zuckerberg acquistò Instagram per un miliardo di dollari (30 mil. di utenti), oppure WhatsApp (450 milioni di utenti) per 19 miliardi di dollari. Una media di 30 dollari a utente. Sì, perché in questo caso, ad essere pagato è il numero di utenti non l’applicazione.
“Sei disposto a pagare almeno 30 euro per ciascuno che installi la app?”, questa è la domanda che li fa fuggire. Una domanda che spesso riporta a terra il mio possibile cliente e che, solitamente, si conclude con la rinuncia a spendere ulteriore denaro, dopo averne speso già molto in una app che farà bella mostra solo nei volantini all’interno del negozio.