Da oggi possiamo considerare chiuso l’esperimento, iniziato con il deposito di brevetto nel 2007 “Agent Rank”, con cui gli autori potevano dimostrare di essere i creatori di un determinato contenuto. La chiusura della funzione di Authorship era nell’aria, da qualche settimana infatti Google la stava smontando un pezzo alla volta. Si è partiti con togliere la foto dell’autore dai risultati e finendo facendo sparire dai Web Master Tools la funzione (sperimentale) di misurazione dell’efficacia dei post. In queste ore la notizia che Google cesserà completamente questa funzione.

I motivi dell’abbandono

Sono molti i blogger che hanno snobbato questa funzionalità, se guardiamo la lista delle 50 persone più influenti in social media marketing stilata da Forbes solo un 30% di loro aveva adottato l’authorship. Ci sono stati anche casi in cui è venuto attribuita la paternità ad autori ignari o deceduti, come quella di Truman Capote morto anni prima e apparso nelle SERP di Google in un articolo del The New York Times.
Gli editori non sono stati da meno in questo fallimento, i due terzi dei blog e siti di news non ha adottato questa funzionalità, impedendo di fatto agli autori di avvalersene.

Un fallimento

Nei progetti di Google, l’authorship, avrebbe dato un’ulteriore garanzia sui contenuti, individuando gli autori più influenti e riconosciuti, parallelamente ha portato avanti altre strade che comprovino che un determinato contenuto sia effettivamente autorevole e di sicuro interesse in modo da farlo avanzare nei risultati del motore di ricerca. Molto probabilmente i segnali sociali, applicati ad una determinata pagina, saranno una delle riprove che andranno a influire positivamente nel posizionamento.
Google ha dimostrato, ancora una volta, che la ricerca è continua e che i rami secchi da cui non trae i risultati sperati sono sacrificabili senza rimpianti, una lezione di vita per tutte le startup.